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Siena

Incisione settecentesca con veduta di Siena da Porta Romana

Una posizione cruciale

Siena è una città molto amata soprattutto perché è posta alla fine di un tratto di percorso particolarmente piacevole e all'inizio di un piccolo incubo per i viaggiatori: il transito nei territori dello Stato pontificio, ben noti per l'incuria della strade e la minaccia del banditismo. E' questa sua posizione, lungo la via Francigena, che la riscatta dal destino oscuro delle città minori, normalmente trascurate, annoverandola nel catalogo della tappe di quasi tutti gli stranieri in Italia: la più amata, dopo Firenze. «Siena appare [...] sospesa fra due mondi difformi, due entità storiche e ambientali divergenti» simboleggiate dalle due porte di entrata e uscita dalla città: Porta Camollia, o Fiorentina, che era la porta aperta verso «il mondo culturale, la campagna addomesticata, l'orizzonte imminente della storia», Porta Romana che si protendeva viceversa, «sulla natura selvatica, sulle crete e sulle maremme» (Brilli, 1986).

Un passato ormai passato

Anche Siena subisce in parte la sorte toccata a Pisa e viene ritratta come una città in decadenza, che conserva solo le ombre della sua floridezza medievale essendo la popolazione notevolmente ridotta rispetto a quando era una repubblica; evidente il suo declino economico, perduta la sua libertà politica. Se il senso di vuoto e decadenza «si traduce sovente in cifre che dilatano artificiosamente la forbice fra passato e presente», è innegabile che la ricchezza mercantile e artigianale che aveva caratterizzato la città, un tempo ai primi posti nei settori bancari e produttivi (lana e seta), si era trasformata in proprietà terriera e la borghesia regrediva verso un assetto feudale «con il seguito di arroganze e di arbitri che tradizionalmente caratterizzano questo tipo di arcaica struttura sociale» (Brilli, 1986).

I tre assi nella manica

Ma il ritratto avvilente della decadenza è controbilanciata nei viaggiatori da alcuni luoghi comuni positivi altrettanto invincibili. Il primo è l'apprezzamento per l'accoglienza che la città riserva e la piacevolezza di una vita sociale in cui gli abitanti sono considerati da tutti di grande cortesia, gaiezza, apertura di mente e privi di affettazione. Si tratta di un riconoscimento univoco tanto che anche De Brosses, che giudica la città «poco aggraziata e triste come lo sono tutte le città in mattone» (1740), apprezza il carattere affabile della nobiltà senese e la grazia e gentilezza delle donne, soprattutto in confronto a quelle fiorentine che per lui, e per molti altri, sono invece di non piacevole compagnia.

L'altro punto di forza concordemente riconosciuto è la musicalità della lingua senese, superiore al fiorentino poiché priva di asprezze. La città è perciò il luogo ideale per apprenderla, perché vi si parla nel modo più corretto e musicale. James Boswell, per esempio, soggiornandovi nel 1765 a scopi terapeutici, ne approfitta per migliorare la propria conoscenza della lingua e imparare un po' di musica.

Il terzo inossidabile elemento comune è quello legato alla fama di Siena come soggiorno estivo «con i connotati di una vera e propria stazione termale» (Brilli, 1986a). La salubrità dell'aria, peraltro attribuita alternativamente a tutte le città toscane, sembra avere qui la sua quintessenza. Persino De Sade (1776) non può fare a meno di notarlo. Chiedendosi provocatoriamente come sia possibile che la lingua più amabile si trovi relegata in una città quasi deserta piuttosto che nella capitale, ammette peraltro che Siena è una città molto gradevole: «la tranquillità che vi regna è fatta per piacere a ogni sorta di persone, l'aria è pura, la campagna piacevole, la società dolce».

Luoghi 'turistici'

I luoghi 'turistici' di Siena sono numerosi, primo fra tutti il Duomo che colpisce per la singolare alternanza dei marmi bianchi e neri, così simili al mantello di una zebra, e per la ricca pavimentazione a mosaico, oltre al fatto che, come per primo notò Misson (1688), si tratta di un edificio compiuto, cosa che non accade, in Italia, con molta frequenza. Sono altre chiese, poi, a suscitare l'attenzione dei viaggiatori, fra esse la Cappella dello Spedale di Santa Maria della Scala, il celebre ospizio dei pellegrini tramutato in ospedale. Una speciale menzione va ai miracoli di Santa Caterina, sia che i viaggiatori mostrassero per essi devozione sia che li ritenessero pura superstizione: «Salto il resto delle curiosità delle città, che valgono meno di quanto vi ho detto eccetto una porzione di suolo, difesa da una cancellata presso i domenicani indicato come quello in cui S. Caterina da Siena soleva passeggiare col piccolo Gesù che faceva l'innamorato, come vuole la leggenda, ma era per un fine onesto, giacché sapete che poi la sposò» (De Brosses, 1740).

Dell'architettura civile colpisce il Palazzo Pubblico e, naturalmente, la Piazza del Campo. Su di essa, anzi, corrono dicerie curiose, sempre con la paternità di Misson (1688) che la paragonò ad una conchiglia, ipotizzando un suo uso come bacino idrico utile a spegnere gli incendi, una volta che fosse stata riempita. Da questa idea ne rampollarono altre, come quella di farne un lago artificiale per andare in barchetta o addirittura rappresentare delle naumachie. De Brosses la descrive così: «è fatta quasi come una conchiglia o una tazza. Si può riempire d'acqua quando si vuole per mezzo di una grande e abbondante fontana che è sulla parte alta, ed allora si può passeggiare sulla piazza in barchetta, mentre le carrozze dal canto loro passeggiano sugli orli e tutto intorno alla tazza». Grande «proliferazione metaforica» è quella che la Piazza provoca nella mente dei viaggiatori (Brilli, 1986): conchiglia dilavata dal mare del tempo, valva d'ostrica, Venezia senza l'acqua, secondo la celebre definizione di Dickens (1844).

Il palio

Della vita della città impressiona, come sempre, la parte dei giochi e delle feste. Come e più che per il Gioco del Ponte pisano qui il Palio suscita grandi passioni. La spettacolarità degli apparati scenografici è imponente, cattura e affascina il forestiero, e l'originalità delle feste senesi è colta da tutti i viaggiatori che spesso ne restituiscono descrizioni dettagliatissime. Brilli mette in evidenza due elementi di riflessione a questo proposito. Il primo riguarda la possibilità di cogliere «la consapevolezza di una spettacolarità passionale, e non di pura scena, che affonda le radici nella tradizione secolare della città». Il secondo riguarda invece la sproporzione fra la pompa e spettacolarità con cui il potere si mette in mostra e il vuoto, il formalismo, la scarsa forza di incisività che quel potere effettivamente possiede (Brilli, 1986a).

L'arte gotica, una nuova passione

Nella tarda età del Grand Tour, quando la fisionomia del centri storici medievali comincia ad essere osservata con nuovo, estremo interesse, emergono le tracce dello studio appassionato dell'arte dei 'primitivi' senesi, della pittura e architettura, e si profila un nuovo volto, a noi ben noto ma fino ad allora rimasto in ombra, per il prevalere di un orientamento 'classicistico' nei grandtourists , che giudicavano 'barbariche' le espressioni artistiche di matrice gotica.

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