Le motivazioni del viaggio sei-settecentesco
Una curiosità a tutto campo
Tentare di districarsi nel mare magnum della produzione odeporica cinque-ottocentesca guardando alle motivazioni dei viaggiatori è impresa ardua e piuttosto inefficace. Piuttosto che stabilire delle categorie, necessariamente fluide e fluttuanti, meglio pensare ad un viluppo di motivazioni (tra formative ed edonistiche, con tutte le possibili variazioni, dall'avventuroso al terapeutico) che trovano la loro sintesi nella idea di un viaggio come «forma di amatissimo e splendido spreco, ancorché variamente motivato» (Brilli, 1987).
Il viaggio del grandtourist infatti, erede dei viaggi 'utilitaristici' dei secoli precedenti (pellegrinaggi, viaggi mercantili e di affari, ambascerie ecc.), possiede un carattere più svincolato da un interesse o finalità specifica e insieme un'ambizione infinitamente più alta: quella di vedere tutto e di tutto dissertare. Al di là della casistica personale, ovviamente variegata, il motore che muove questa potente migrazione europea può riassumersi perciò nel termine curiosità. E se è la curiosità a muovere i viaggiatori, non può escludersi a priori nessun campo di indagine: dall'interesse intellettuale insufflato dalla nuova scienza, al richiamo della cultura classica, allo studio dei sistemi legislativo-politico-amministrativi, all'interesse per l'economia, che sia l'agricoltura o l'industria, all'attenzione per l'articolazione politica (l'Italia costituiva, per Joseph Addison, il più eccentrico e variegato museo di forme politiche esistente al mondo); da luogo propizio per il collezionismo (sia artistico sia naturalistico), alla cura della malinconia, autentico mal du siècle cui si deve il lancio di una moda plurisecolare, all'evasione ed all'edonismo, al potere taumaturgico del viaggio, all'amore per l'arte (musica e teatro), fino alla semplice questione di moda.
Una letteratura prismatica
Sterminata si configura da subito anche la letteratura che dà conto dei viaggi compiuti, se già nel 1691 Maximilien Misson, autore del celebre Nouveau voyage d'Italie, la dichiarava inclassificabile. Le impressioni di viaggio che ci sono state con essa trasmesse sono portatrici di una cultura veramente enciclopedica. La varietà dei temi che esprimono è incrementata dalle personali preferenze di ogni scrittore tese a sottolineare un aspetto piuttosto che un altro. L'ambizione a classificarli per motivazione ne risulta, per questo, complessivamente delusa.
In questo genere letterario, pertanto, trovano posto tutti i moventi nati dall'incontro fra la vastità e l'eterogeneità degli interessi propri alla cultura settecentesca (che offre la possibilità di spaziare dagli aspetti politici, economici, culturali, ai fenomeni di costume senza trascurare le coordinate geografiche e le condizioni ambientali; di conciliare la descrizione minuziosa di biblioteche e pinacoteche all'interesse per l'urbanistica o per i giardini di una città, allo studio sull'indole o la composizione sociale di un popolo, ecc.) e il prevalere delle inclinazioni personali di ciascun viaggiatore.
La vasta produzione figurativa
Sterminata a sua volta la produzione figurativa, che fa il paio con quella letteraria. Nella rubrica del viaggiatore così eteronomo negli interessi perseguiti, il capitolo che riguarda l'arte, da vedere e da riprodurre, è spesso dominante. La visita è il movente di una vasta produzione figurativa, alimentata dai pittori ingaggiati in patria ad hoc prima del viaggio oppure sul posto, quando le finanze non permettevano una assunzione di così lunga durata. Alcune volte è il talento degli stessi viaggiatori ad esprimere anche col linguaggio figurativo le personali emozioni. Quanto e più ricca della produzione letteraria fu quella iconografica: incisioni, stampe, acqueforti, carte topografiche, in special modo di Roma. Il vedutismo che si affermerà poi contribuirà al fenomeno ottocentesco del collezionismo, con le sue ricadute sulla realtà materiale e intellettuale dei paesi che intraprendono gli scambi.
Un settore a parte: l'archeologia
Un settore da considerare a parte per l'impatto culturale che determinò è quello legato alla 'riscoperta' di Paestum e del dorico, insieme a quelle di Ercolano, Pompei e Agrigento: occasione per aprire uno scenario sulla realtà archeologica prima e dopo Winckelmann.