Livorno
Una città eccentrica
Dopo Firenze è senz'altro Livorno la città più apprezzata, sempre che si abbia l'intelligenza di non cercarvi nessuna opera d'arte o esemplare di antiquariato ma si apprezzi la floridezza delle arti utili e la vivacità del suo centro commerciale, tra i più attivi nel Mediterraneo, giacché, come annotava Gibbon (1764), «vi si trovano più i prodotti del lavoro che quelli del genio». Anzi, è proprio partendo da una città eccentrica come Livorno, estranea all'atmosfera delle cittadine toscane medievali e alla loro vicenda storica e artistica che, sensibilmente dagli anni settanta del Settecento, «prende le mosse una riconquista della Toscana da parte dell'immaginario europeo» (Mascilli Migliorini, 1995).
I luoghi obbligati
Della città labronica, gradevole e moderna, merita una visita il porto; il quartiere solcato dai canali che sollecita regolarmente il paragone con Venezia; la grande piazza al centro della città; i Bottini dell'Olio, il grande magazzino nel quale si conserva il prodotto di altissima qualità il cui commercio contribuisce alla floridezza della città; i due grandi 'monumenti' cittadini: il Lazzaretto e la Sinagoga («grande, magnifica» la giudica A. C. Valéry, che parla tuttavia di Livorno come di una città «noiosa e insignificante», mostrando come nel XIX secolo l'apprezzamento per la città 'eccentrica' cominciasse a venir meno). Un elemento ricorrente è il confronto con Pisa e il calo demografico cui è soggetta quella città, la cui responsabilità è attribuita appunto a Livorno.
Il cosmopolitismo
Oltre all'apprezzato assetto urbanistico, quella «aria di suprema uniformità, grazie alle strade diritte» che aveva colpito John Ray (1663-1666), la città impressiona per il suo cosmopolitismo, per la sua capacità di accoglienza di comunità diverse e per la convivenza che fra esse si realizza (una vera terra di Canaan, la definirà Gibbon), che ruota intorno alla condivisa attività mercantile. Perciò Livorno non è solo, secondo la definizione di De Brosses (1740), «una cittadina tascabile nuova nuova, carina da metterla su una tabacchiera», ma pure una città moderna, variopinta di diverse nazionalità, quella ebraica in special modo di grande forza numerica, con una sua sinagoga, i cui componenti non sono obbligati ad alcun segno di riconoscimento, ma anche quella inglese, il cui cimitero è spesso oggetto di citazione e apprezzamento.
Il capolavoro del governo granducale
Livorno è considerata la città che meglio testimonia la lungimiranza del governo granducale, il capolavoro urbanistico nonché politico del regno. Essa infatti sorge su un territorio paludoso sul quale erano disseminati solo piccoli agglomerati di pescatori, prima che il governo intuendone le potenzialità lo trasformasse in una città nuova, dotata di un porto ragguardevole e retta da leggi così illuminate da consentirne un grande sviluppo commerciale e sociale e farne un faro per l'intero Mediterraneo.
Un elemento ricorrente, legato alla modernità del luogo, è la sua importanza come «miglior osservatorio politico dello stato fiorentino» (Brilli, 1986). Politici e diplomatici, che bene operano in quel clima alacre e pacifico, sono numerosi tra i visitatori. Francesi e fiamminghi, infatti, vi sostano fin dal Cinquecento. A partire dall'Ottocento Livorno diviene infine l'approdo preferito dei viaggiatori americani, dei quali non si contano le disavventure legate alle penosissime quarantene.
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