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Pisa

3.4.3

Un quadro di generale decadenza

La sperequazione fra la popolazione di un tempo e quella di età moderna è una delle costanti delle annotazioni su Pisa che, in generale, appare il ritratto sbiadito di quella che era, degradata al punto che vi cresce l'erba nelle strade. Il tenace luogo comune è inaugurato da Misson che, nel 1688, dava i numeri di una forte flessione demografica causata da pestilenze ed epidemie. Il quadro di globale decadenza, seppur non del tutto immotivato, è certamente enfatico soprattutto per quanto riguarda la densità della popolazione, considerata la forte presenza di studenti e il fatto che nei mesi invernali, sia sotto i Medici sia sotto i Lorena, la città ospitava la corte granducale che vi si recava per la mitezza del clima in confronto a Firenze.

Addison, agli inizi del Settecento, presenta la città come un guscio vuoto ormai spopolato; Smollett (1765) le concede un manto di nobiltà: «Pisa è una bella città antica che vi colpisce con la stessa venerazione che provereste alla vista di un tempio antico che mostrasse i segni della decadenza senza essere completamente dilapidato», ma negli stessi anni è impietosa la descrizione di Boyle: «se a Pisa si potessero trovare vitto e alloggio, o almeno le cose necessarie, saremmo felici di stare in questa città, ma nelle condizioni attuali vi possono abitare soltanto i cammelli [che effettivamente popolavano il parco di San Rossore]. Anche i cavalli possono brucare e ingrassare nelle strade. Le creature umane, a meno che non siano Italiani non riescono a trovare alloggio e sussistenza. E' la seconda città della Toscana, è sede arcivescovile ed ha una università. Titoli pomposi ma nient'altro che titoli!».

Il primato della Piazza dei Miracoli

La bellezza della città è però assicurata dalla felice eccezione della luminosa Piazza dei Miracoli che, con il suo complesso monumentale, domina i resoconti senza mai smettere di stupire e di ammaliare.

De Brosses (1740) pensa che «in nessun altro luogo si possano trovare, in uno spazio così ristretto come la Piazza del Duomo, quattro cose più belle delle quattro qui raccolte». Il coinvolgimento emotivo è inevitabile anche nei resoconti più apparentemente impersonali, come in Forsyth (1802): «la sua magnificenza è ora confinata in un angolo consacrato. Lì si trovano la Cattedrale, il Battistero, la Torre Pendente e il Campo Santo: tutti costruiti con lo stesso marmo, tutti varietà della stessa architettura, tutti venerabili per gli anni e fortunati sia per la loro compagnia, sia per il loro isolamento». Per non dire del taglio romantico della fulminea dichiarazione di Coleridge (1806): «raggruppati insieme formano una massa grandiosa e selvaggia, specialmente al chiaro di luna, quando la Torre ha un aspetto soprannaturale».

La profusione dei marmi e il colpo d'occhio generale gareggia con lo stupore per la Torre pendente. E' divertente leggere tutte le ipotesi su di essa, alcune stravaganti: è stata costruita apposta così (diversamente sarebbe caduta); è stata mal costruita e le fondamenta, come dice Vasari, sono crollate da un lato; si tratta di un inganno ottico e in effetti non pende (ma l'ipotesi è smentita dal filo a piombo).

L'altro protagonista indiscusso della città e il Camposanto dove la leggenda della terra miracolosa che corrompeva i corpi nel breve volgere delle ventiquattr'ore, fa da sfondo alla rassegna delle pitture, in un primo tempo giudicate di cattivo gusto, poi, col mutare dei tempi, molto apprezzate. Le descrizioni occupano pagine e pagine, diffondendosi nei particolari dei diversi quadri.

Altri luoghi obbligati

Veduta dei Lungarni di Pisa in un'incisione all'acquerello di Angelo Cappiardi, 1823

Altre voci che fanno da complemento a questi soggetti principali riguardano l'Arsenale, i ponti, le Piagge, la Fortezza, il Palazzo ducale, la chiesa della Spina, l'Orto botanico, la chiesa di Santo Stefano, l'Università. Il tema monumentale è invece più seriamente conteso dai Lungarni «o perché ispirano ai vedutisti suggestioni prodotte dai giochi di luce fra cielo e acqua o per la rilevanza dei palazzi che li orlano» (Pineider, 2003). D'altronde uno dei dati immancabili è la presenza del fiume e, spesso, il confronto con Parigi: «E' attraversata nel mezzo dall'Arno, largo almeno quanto la Senna, e la sua ubicazione somiglia molto a quella di Parigi» (Grosley, 1758).

La vita sociale

Sul carattere dei cittadini le opinioni sono fortemente oscillanti: chi attribuiva loro una vanità intollerabile, chi, come Smollett (1765), ravvisava tra la cittadinanza persone di buon gusto, socievoli e ben educate. Quanto alla società civile, eccezion fatta per l'Università, essa è considerata piatta e inattiva, anche se nobilitata dalla presenza dei Cavalieri dell'Ordine di Santo Stefano, impegnati nella lotta contro i turchi. Ma non sempre la calma è un fattore giudicato negativamente. Smollett, per esempio, dichiarando di non sopportare il «tumulto di una popolosa città commerciale» afferma che «la solitudine che regna a Pisa sarebbe un buon motivo per farmela scegliere come luogo di residenza» mentre Lady Blessington (1826) enuncia la sua personale teoria del benessere e del divertimento scegliendo Pisa come esempio migliore: «in tanti si lamentano della tristesse di Pisa: ma c'è gente che si diverte soltanto nelle città allegre e non può vivere senza balli e feste. Qui l'aria è pura ed eccezionalmente dolce, la campagna intorno deliziosa e la foresta magnifica. Per quanto non prevalga la gaiezza si può godere di una compagnia raziocinante: ci si possono procurare libri e cos'altro serve per costituire il divertimento di persone assennate?».

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