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La via religiosa e dei pittori: i santuari 'Vallombrosa, Camaldoli, La Verna'

3.5.1

Una visita non da tutti

Curiosità sempre viva hanno suscitato i monasteri, soprattutto quelli di Vallombrosa e Camaldoli. Assenti dalle comuni agende di viaggio, sono inizialmente destinazioni predilette per i naturalisti e i pellegrini. Nel secolo romantico del vedutismo divennero invece, per la loro posizione erta, isolata e immersa nella natura, come ci ricorda Castellan (1804), i luoghi prediletti per i pittori di paesaggio. Il fascino del sito, del resto, è stato catturato nel tempo da molti illustri visitatori, e sempre l'arte, della parola oltre che dell'immagine, ne è stata interprete. E' Milton, addirittura, ad inaugurare, nel 1639, la consuetudine di compiere un'escursione al convento di Vallombrosa, la cui fitta vegetazione gli servirà da modello per la descrizione de Paradiso Terrestre (Brilli, 1993). Al convento sono legati altri grandi poeti (Ariosto e Lamartine) e artisti (Cellini) che lo visitarono e cantarono da par loro.

Vallombrosa e Camaldoli

Deseine già nel 1699 ne traccia un quadro abbastanza ricco, sorreggendosi sull'autorità del padre Mabillon (1685), e dichiarando che entrambi i monasteri suscitano devozione e curiosità almeno quanto la Grande Chartreuse di Grenoble. Il paragone è gradito anche ad A. C. Valéry (1828) che però giudica Vallombrosa «una Chartreuse dell'Appennino, meno aspra di quella delle Alpi, con il cielo di Italia e la vista del mare». Nella chiesa del monastero di Vallombrosa, fondato dal monaco San Gualberto nell'XI secolo, si conservano le reliquie del fondatore seppure non il corpo, e la punta di uno dei chiodi della crocifissione - continua Deseine - mentre Valéry apprezza il «libro raro e ornato di graziose incisioni» dedicato alla vita del fondatore. Le umili abitazioni dei religiosi dell'Ordine punteggiano le colline circostanti. Il fatto che l'accesso sia vietato alle donne, se non in occasioni speciali e a debita distanza (regola che accomuna i due monasteri) è curiosità notata da molti. Valéry, che ne dà una descrizione piuttosto particolareggiata, cita anche i famosi mosaici di scagliola, e il padre Hugford, rettore dell'eremo chiamato il Paradisino posto sopra il convento, come il migliore artista in quel genere.

Camaldoli, fondato invece da San Romualdo, annovera una comunità di monaci dalle grandi vesti bianche e dalla barba lunga la cui consegna è il silenzio più completo. La chiesa possiede apprezzate pitture di Vasari ma soprattutto una biblioteca e una farmacia di grande valore.

La Verna

Meno visitato, data la sua posizione molto scomoda da raggiungere, in una sterile montagna degli Appennini, è il monastero dove S. Francesco ricevette le stimmate e che a lui deve la sua fama. Sarà poi, in età romantica, luogo prediletto, il luogo del sublime per Forsyth (1802), quello dove regna il volto terribile della natura, dove si rivela il suo essere maestosa e terribile, che induce il fremito della paura ma anche della venerazione a cospetto dei suo arcani segreti: «una montagna rocciosa, una ruina degli elementi frantumati, dilaniati e ammassati in sublime confusione; precipizi coronati a sommo da boschi annosi, oscuri, d'incubo; nere fenditure nelle rocce dove la curiosità rabbrividisce alla sola idea di sporgersi; caverne spiritate cui le croci miracolose conferiscono rinnovata santità; lunghe scale scolpite nel vivo sasso che ti riportano alla luce del giorno».

Il lato pratico della vita eremitica

Nei dintorni dei monasteri, ermi e solitari, la presenza dell'uomo ha scalfito la natura. Il lavoro dei religiosi per appianare il terreno, dissodare, irrigare, ha reso coltivabile una vasta porzione di terreno che è diventata meno tetra e misteriosa (Castellan, 1804). Il lato concreto e fattivo della presenza dei monaci fa da contraltare al fascino misterioso del convento. Presso i monaci il viaggiatore, il pellegrino, il mendicante possono trovare soggiorno, specie d'inverno, e gli indigenti abiti, cibo e denaro per continuare il viaggio.

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