La via della lingua: Firenze e Siena
Apprendere l'italiano
La purezza della lingua toscana rispetto alle altre regioni di Italia è un mito ampiamente divulgato dai viaggiatori, per tanti dei quali la 'questione della lingua' è argomento ricorrente. La questione da teorica si faceva però eminentemente pratica per coloro che, non pochi, si recavano in Toscana allo scopo principale di apprendervi correttamente l'italiano. Sono questi viaggiatori ad alimentare un flusso speciale, che si sovrappone e incrocia a quello dei viaggiatori 'comuni'.
Firenze, un primato contestato
Non è la capitale del granducato a vincere la contesa nella regione, dato che la sua fama è superata dalla purezza linguistica di Siena. Già Deseine (1699) lamentava che i fiorentini parlassero troppo di gorgia e con eccessiva aspirazione rendendo la loro parlata poco intelligibile agli stranieri. Rogissart si spingeva oltre, affermando che la durezza del fiorentino fa rimpiangere persino la parlata, pur meno pura, di altre regioni: «a Firenze si trova l'eleganza della lingua italiana: ma è ben vero che i fiorentini non la parlano così delicatamente come i romani poiché essi hanno una pronuncia più dura, cosa che ha dato luogo al proverbio 'Lingua toscana in bocca Romana'» (1701). Altri (fra cui Coyer), pur additando il disagio creato dalla pronuncia gutturale dei fiorentini, «che cambia tutte le C in H», ne riconosce la superiorità osservando acutamente che vi è differenza fra la lingua della Accademia e quella che si sente per le strade, la lingua parlata.
La superiorità di Siena
Siena invece, per la correttezza dell'inflessione dei suoi cittadini (peraltro socievoli e di gran civiltà) è la meta preferita di chi si reca in Italia per studiare. Già nel 1549 Moryson, tra i pionieri del viaggio italiano, intenderebbe iscriversi all'ateneo senese per impararvi l'italiano ma vi rinuncia per l'eccessivo affollamento di suoi connazionali: «poiché in Siena si trovano parecchi inglesi e olandesi che erano miei conoscenti, e poiché sarebbe stato molto più utile al mio scopo poter conversare con italiani, preferii stabilirmi a San Casciano». Siena è il centro della buona lingua sia per la correttezza che per la pronuncia, distinzione necessaria quando si osservi che invece i fiorentini, pur parlando una lingua di grande purezza: «pronunciano in modo sgradevole, di stomaco invece che di gola, che mi costava cento volte più fatica comprendere loro che il dialetto veneziano» (De Brosses, 1740). L'ammirazione è generalizzata e non riguarda solo le classi colte ma anche il popolo. L'arguta M.me du Boccage appunta: «mi si dice che [le ragazze del contado] parlano altrettanto bene di quanto camminino, soprattutto nei dintorni di Siena; che le loro risposte sono così giuste, che un accademico della Crusca non potrebbe cambiarvi una sillaba»! Il caso più illustre è certamente quello di James Boswell (1765), ammiratore senza remore del senese, il quale nel suo soggiorno intercala le lezioni di lingua italiana con quelle di flauto e quelle di lettura ariostesca: «il senese è il più piacevole fra i dialetti di tutta Italia. Per le mie orecchie era una continua melodia. Ho provato una viva sensazione di piacere anche quando la gente parlava semplicemente del tempo».