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L'arte dell'intarsio in scagliola

Arte antica già nota ai romani, l’arte della scagliola è legata all’affermarsi del barocco, temperie artistica nella quale la sua pratica raggiunse l’apice, sebbene esempi importanti di essa risalgano già al tardo manierismo cinquecentesco. L’ìinvenzione’ della scagliola, ovvero la sua riscoperta in quei secoli, è probabilmente di area tedesca (come dimostrano fra l’altro molti manufatti conservati a Monaco) ma in Italia si diffuse talmente, con una paternità rivendicata dalla città di Carpi che espresse l’artista Guido Fassi, da rendere necessaria una tassa annuale ai ‘maestri da meschia’. Enrico Hugford e il suo discepolo Lamberto Cristiano Gori furono grandi maestri nell’area toscana, nel XVIII secolo.

La scagliola si ottiene dalla selenite, un minerale dalla caratteristica forma a scaglie. Posti in forno, i pezzi di selenite, disidratandosi, si polverizzavano. La polvere ottenuta, polverizzata ancor più finemente nel mortaio e setacciata da ogni impurità diventava la ‘scagliola’, una impalpabile polvere bianca. Per utilizzarla non si mescolava con acqua ma con colla (‘colla tedesca’). Essiccata e poi trattata con olii e cere, acquisiva durezza, resistenza e impermeabilità.

L’arte della scagliola ha permesso l’imitazione quasi perfetta dei marmi negli arredi architettonici: finti capitelli, balconate, mensole, festoni, in finto bianco di Carrara con finti screzi. Ma dove la perizia degli artigiani-artisti appariva più eclatante era nel confezionamento di tavoli e paliotti nei quali meglio si esprimeva il loro stile personale. Sul disegno realizzato in piano si incideva un solco di alcuni milimetri dove si colava o spatolava la scagliola mescolata a colore in pigmento o terre naturali.

I grandtourists inglesi acquistarono di questi pezzi in grandi quantità (ve ne sono ancora in mostra al Victoria and Albert Museum).

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