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Il viaggio nel teatro

A. C. Valéry (1828) riassume l'offerta della vita teatrale fiorentina dalla quale rimase nel complesso deluso. Alla Pergola l'opera (inframezzata come d'uso all'italiana) dal balletto, gli sembra debole. Il Cocomero, del resto, non è così magnificamente allestito come la Pergola. Il teatro Goldoni lo definisce una «specie di teatro di varietà». Vi è poi la commedia francese del russo Demidoff che produce principalmente vaudevilles e infine il teatro Alfieri nel quale si dà un ballo mascherato di grande fama che altro non è se non un «parodia» dell'Opera di Parigi. Giudizi analoghi per Ducos, qualche anno prima (1820), che parla del Goldoni come di un teatro di «buffonerie», che difficilmente può essere apprezzato dagli stranieri poiché si fonda sull'equivoco, sull'uso spregiudicato di un linguaggio che fa largo impiego delle espressioni popolari; parla del Cocomero come di un teatro più ricercato e della Pergola non apprezza i balletti, eccezion fatta per la furlana per la quale nutre una vera passione.

A fronte di questo atteggiamento critico bisogna comunque ricordare la storia esterofila del teatro italiano, i cui esponenti di spicco ebbero statura e carriera europee prima che italiane. Dupré nel 1822, mosso da un dominante spirito sciovinistico per cui anche l'Atene di Italia, Firenze, è di gran lunga inferiore alla Francia, fa una considerazione non priva di fondamento a questo proposito, dopo aver assistito agli spettacoli della Pergola che gli sembrano non solo cattivi ma addirittura ridicoli: «non bisogna andare in Italia per ascoltare la buona musica dei famosi compositori e i virtuosi [...]. Poiché non si è generosi nei loro riguardi, essi sono obbligati ad espatriare. I più abili si recano in Francia e soprattutto a Parigi».

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