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Gli Italiani in Toscana

Gli Italiani in Italia

Terra vagheggiata dai viaggiatori di tutte le nazioni, a lungo si è creduto che l'Italia sia stata, per i suoi ospiti abituali, un paradiso ignoto, essendo vincolato il Grand Tour alla fama dei suoi esecutori d'oltremare. In effetti la modalità di viaggio e di scoperta dell'Italia da parte dei suoi abitanti è stata sì differente, come ha mostrato Luca Clerici (Clerici, 1999), in paragone a quella dei visitatori stranieri, ma di tutto rispetto. La ricerca ha potuto evidenziare come «l'idea degli italiani ignari del paese non ha alla base alcuna conoscenza positiva del fenomeno», mediante la collazione di una bibliografia ricchissima, «prova inequivocabile dell'attitudine degli italiani a percorrere isole e penisola in lungo e in largo, serbando memoria scritta del viaggio». La differenza più eclatante tra viaggio degli stranieri e viaggio degli italiani sta nell'estensione del territorio percorso e oggetto di scrittura. Scarseggia il tour intero, esteso ed esauriente (di cui pure si hanno degli esempi parziali, come le Relationi delle città di Bologna, Fiorenza, Genoua, e Lucca, con la notitia di tutte le cose più degne, e curiose delle medesime, descritte dal co. Galeazzo Gualdo Priorato), domina invece «una gran massa di viaggi in geografie più circoscritte». Questa messa a fuoco ravvicinata, legata certamente alla storica frantumazione della penisola (già motivo di fastidio e dileggio da parte degli stranieri), è collegata spesso ad un movente di tipo campanilistico, che intende «illustrare e valorizzare la propria patria agli occhi degli altri italiani».
A riprova di questa peculiare scelta di itinerario, Clerici nota che, fatte salve le località topiche e immancabili anche nelle agende di viaggio italiane, «il carattere spesso localistico» fa «emergere puntuali rilevamenti di territori sconosciuti ai forestieri». In questo panorama, infine, rileva l'aspetto qualificante dei viaggi italiani in un interesse per la facies urbana che ha «un andamento inverso al processo storico di valorizzazione» di queste aree, cosicché, «proprio quando la fisionomia del paese va trasformandosi da agricola in industriale [...] ecco che i viaggiatori italiani si ritraggono».

Gli Italiani in Toscana

Gli assunti teorici di cui sopra sono facilmente dimostrati quando si osservi da vicino la letteratura di viaggio italiana che, spesso dedicata a regioni specifiche («geografie più circoscritte», Clerici - 1999), registra la presenza della Toscana in maniera cospicua. Essa si trova in prima fila per interesse esplorativo spesso grazie ai viaggiatori 'scientifici' come basterebbe a dimostrare l'opera monumentale di quel Giovanni Targioni Tozzetti che diede lustro alla sua regione per l'infaticabile attività scientifica. Il suo Relazioni d'alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali, e gli antichi monumenti di essa (prima edizione del 1751-54 in sei volumi, seconda del 1768-69 in dodici volumi), è un caposaldo descrittivo del territorio dal punto di vista e storico e scientifico, capace di spaziare da La coltivazione dei castagni nei monti pisani a la Istoria del Castello e delle Miniere d'Argento di Montieri.
Ma questo genere di panoramica a tutto tondo sulla regione è in minoranza numerica rispetto alle trattazioni dedicate a subregioni: il Mugello di Giuseppe Maria Brocchi, le più interessanti vedute e monumenti della città di Pisa di Giuseppe Rossi (o, della stessa città, i pregi, compendiati da Alessandro da Morrona, patrizio pisano, per utilità de' culti cittadini e forestieri); rispetto a descrizioni dedicate a emergenze particolari: il Monte Amiata del Viaggio al Montamiata di Giorgio Santi o il monastero di Vallombrosa del Viaggio pittorico della Vallombrosa di Nardi; oppure dedicate a viaggi di piccola tratta come la Relazione di un viaggio da Firenze a Loreto (1622) di Giovanni Berti.
Peraltro, se per il basso quoziente di prevedibilità retorico-formale proprio della letteratura di viaggio risulta arduo distinguere in maniera definitiva testi letterari e guidistica, la linea di confine si fa ancora meno netta nel caso degli italiani, 'naturalmente' deputati a fare da ciceroni nel territorio in cui sono di casa. Abbondano perciò le guide di più città (Guida di Firenze e d'altre città principali della Toscana di Gaspero Ricci), di singole città (Il forestiero erudito o sieno le compendiose notizie spettanti alla città di Pisa, di Giovacchino Cambiagi), mirabilia del genere più disparato (Descrizione dell'imperiale giardino di Boboli fatta da Gaetano Cambiagi; Odeporico, o sia itinerario per le colline pisane) e via specializzandosi, fino a giungere a monografie di ispirazione storica o d'altro genere. Non sempre, in queste pubblicazioni, è implicita per l'autore di turno la qualifica di viaggiatore, e alcune volte il viaggio vale in un senso solo metaforico (un viaggio negli archivi alla ricerca delle fonti storiche della città, per esempio). Perciò, piuttosto che come esempi diretti di odeporica, questi testi sono la prova di come la moda del viaggio stimolasse la produzione di letteratura di supporto, spesso molto adeguata dal punto di vista dell'informazione, ma non originata da una motivazione di conoscenza di una realtà (mondo e uomini) sconosciuta e soprattutto non regolata dalle stesse 'leggi' cui, in maniera poco ortodossa, il genere obbedisce.
In una di queste opere, le Memorie istoriche per servire di guida al forestiero in Arezzo, è reso esplicito un movente comune a questa 'paraletteratura' di viaggio: «percorrendo le classiche contrade italiane dispiace ai colti viaggiatori se non trovano mezzi onde informarsi sul posto, e riscontrare ciò che leggendo le Istorie aveva in essi eccitato maggiore interesse. Si compilavano delle Memorie per supplire appunto a tale uopo relativamente alla città di Arezzo e alle sue adiacenze».

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