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Il viaggiatore rivive la storia

Note di estrazione libresca

Piace ai viaggiatori accennare alla storia delle città che visitano e mostrare così il lato libresco della loro preparazione al viaggio, condotto per le strade ma anche in biblioteca. Considerando come eccezioni quelli che trasformano la storia del passato in un capitolo centrale del racconto, le notizie, le cui fonti sono spesso allegate (come in Deseine - 1699 - che, a proposito di Firenze, cita Villani, Machiavelli, Nardi e altri) si assomigliano abbastanza, almeno per le grandi città. Per esempio: Firenze, fondata dai soldati di Silla, che ricevettero quei territori per ricompensa, fu rasa al suolo dai Goti e abitata di nuovo solo ai tempi di Carlo Magno, per sua volontà. Agli inizi oscuri della sua storia si contrappone l'epoca luminosa della Repubblica che si espanse fino all'importante conquista di Pisa e che avrebbe potuto accrescere il suo potere se non fosse stata dilaniata dalle lotte intestine e dalle guerre civili delle sue diverse fazioni, anche se al loro interno nasceva e si consolidava il potere ancora non istituzionale della famiglia Medici.
Pisa, fondata dai greci o dagli etruschi, a seconda delle voci dei viaggiatori, poi passata sotto l'impero romano, ha un passato glorioso come potenza marinara, di cui vengono spesso ricordate le prodezze (vittoria con i genovesi, soccorso a Gerusalemme, conquista della Sardegna strappata ai saraceni), interrotte nel 1284 con la sconfitta inflitta dai genovesi alla Meloria. Si mette in evidenza come fosse una delle città più potenti d'Italia e, al confronto con il modesto presente, si rimpiange quell'epoca di cui resta traccia nella decaduta imponenza della città.
Arezzo, conquistata dai romani cui gli aretini furono di gran sostegno nella guerra contro Cartagine, riacquistata la libertà fu governata dai vescovi e dovette poi combattere molte battaglie per l'indipendenza contro fiorentini e senesi, finché non si sottomise a Cosimo godendo di una profonda pace sotto i Medici.

Siena, fondata dai Galli di Brenno, fu anch'essa colonia romana e riacquistò la libertà dopo la caduta dell'impero mantenendola, tra le molte battaglie coi fiorentini e la tirannia dei Petruzzi, fino al 1555, quando venne assoggettata dal Granduca Cosimo, restando poi dominio dei Medici.

I Medici comun denominatore

Comun denominatore, è, come si vede, la famiglia Medici e in particolare Cosimo I, il realizzatore del progetto di ricomposizione territoriale già avviato dal suo predecessore Alessandro. Con Cosimo la parola 'Toscana' si trasforma da espressione geografica in connotazione politica, grazie anche alla concessione, nel 1569, del titolo granducale da parte del papa Pio V. La politica granducale volle essere fortemente accentratrice (e sempre dovette vigilare rispetto ad opposizioni interne) ed è proprio così che i viaggiatori la percepiscono, facendo derivare dalla famiglia Medici, e riconducendo ad essa, le osservazioni di carattere non solo storico, ma politico, economico, artistico e quant'altro, dando così prova eloquente di come si percepisse realizzato l'intendimento granducale di realizzare in modo organico la propria azione sul territorio.

La Toscana dei Lorena

Piuttosto cronaca contemporanea che storia va considerata la parte di racconti, entusiastici negli ammiratori dell'esprit filosofico settecentesco, del governo dei Lorena (quello di Francesco Stefano, in forma di reggenza, alla morte di Giangastone, ultimo dei Medici - nel 1737 - poi quello di Pietro Leopoldo, dal 1765 al 1790) che ridisegnarono la struttura statuale attraverso importanti interventi di riforma fra cui quelli atti a ridimensionare il ruolo della nobilità e del clero, ed a favorire la ripresa economica. Fu un periodo molto alacre, di cui i viaggiatori a lungo disquisiscono e che, grazie ad alcune iniziative di Pietro Leopoldo (fra cui la soppressione delle corporazioni e l'adozione del nuovo codice penale che aboliva tortura e pena di morte), ebbe vasta eco anche a livello del dibattito politico europeo. A. C. Valéry (1828), per esempio, associando la facciata «triste, altera, pesante, uniforme» di Palazzo Pitti al potere assoluto, si riserva di specificare che quella similitudine non conviene più ai principi allora regnanti che hanno governato da quel palazzo con tanta ragionevolezza e dolcezza da fare «di questa felice contrada l'oasi politica dell'Italia». Il giudizio, ad un dato punto monocorde, si registra ovviamente oscillante, soprattutto al momento, abbastanza traumatico per i toscani, dell'avvicendamento dinastico. Così De Brosses (1739) afferma la superiorità dei Medici: «niente potrebbe esprimere meglio le loro doti del fatto che, dopo aver usurpato la sovranità ad un popolo libero, sono riusciti a farsi amare e rimpiangere da esso» e il rimpianto dei cittadini: «i toscani sono talmente persuasi di questa verità che quasi tutti darebbero un terzo dei propri beni per vederli ritornare in vita, e un altro terzo per non avere i Lorena; credo che nulla possa uguagliare il disprezzo che nutrono verso costoro, eccetto l'odio dei milanesi verso i piemontesi».

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