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Tappe

Le tappe più consuete: il modello inglese

Essendo i viaggiatori inglesi i più numerosi e assidui nel viaggio in Italia, potremo considerare a titolo di esempio un loro 'itinerario ideale'.

Un viaggiatore inglese sbarcava a Genova se arrivava via mare (da Marsiglia o Nizza), o arrivava a Torino se seguiva la via di terra attraversando il Moncenisio, il più frequentato tra i possibili ingressi in Italia (ma altri accessi erano il passo del S. Bernardo o del Sempione). La città di partenza determinava il successivo percorso, attraverso la costa o l'interno. Prima tappa non secondaria è Firenze da dove si passa o sosta con l'intento di arrivare a Roma. La capitale è la città dove ci si ferma il tempo più lungo, spesso progettando la partenza dalla madrepatria nel mese di settembre proprio allo scopo di giungervi in concomitanza del Natale, festa religiosa molto affascinante per i suoi riti, e trattenendovisi fino a Pasqua, o per la festa di San Pietro, celebre per i fuochi di artificio che si sparavano da Castel Sant'Angelo. Tra le feste pasquali e la fine di giugno si colloca l'escursione a Napoli e dintorni. Il viaggio si conclude in Campania. Il rientro prevede una sosta a Loreto, poi, attraverso Ferrara e Padova la tappa a Venezia, consigliata nel mese di febbraio quando si svolgono le feste per il carnevale, Vicenza, Verona, e infine l'uscita dall'Italia attraverso la Francia, la Svizzera o l'Austria.

Una metafora del viaggio in Italia

A Matthias Bruen, viaggiatore americano dell'anno 1822, l'itinerario italiano per eccellenza ricorda il corso della vita umana e gli suggerisce una significativa metafora: «la pianura padana e la valle dell'Arno sono lisce, floride e belle come la giovinezza; giungiamo a Roma per acquisirvi l'occhio, l'esperienza e la riflessione che si addicono alla età adulta. Dopo il trambusto si torna alle comodità congeniali all'età tarda, e cioè al sole all'aria e al rigoglio della natura di Napoli. Alla fine Paestum ci appare come il tramonto che conclude il nostro stanco pellegrinaggio e pone termine alle nostre fatiche» (Brilli, 1987).

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