Vai ai contenuti. Spostati sulla navigazione
Sezioni
Portale » il racconto » Una regione nar... » Le arti » Viaggi su misur... » Il viaggio nella musica

Il viaggio nella musica

La guida per antonomasia in un viaggio musicale è il Viaggio musicale di Burney, che allo scopo di scrivere una storia generale della musica intraprese il suo Tour: siamo nel 1771. Il musicista inglese esordisce affermando che Firenze, se bisogna credere ai poeti (Dante) e agli storici (Villani), fu la più antica città d'Europa a possedere la musica. Le successive osservazioni sono annotate secondo un punto di vista molto tecnico, grazie a competenze specifiche che la maggioranza dei viaggiatori non possedeva: sequele di interpreti, ruoli, produzioni, pregi e difetti delle esecuzioni. In mezzo a una selva di nomi e di aneddoti (che riguarda principalmente Firenze e Siena), la sua lettura dà però bene l'idea di un tessuto musicale molto esteso, vivo, articolato. L'organo del Duomo di Firenze, uno dei più grandi d'Italia è tra tutti quelli da lui sentiti il meglio accordato; all'Annunziata si cantano vespri solenni con tanto di strumenti e cori di voci bianche; le feste religiose del contado hanno un'opera come culmine dei festeggiamenti (la storia di Davide e Golia) che viene poi cantata in forma di oratorio; a teatro si vive un clima di festa, soprattutto in occasione delle ultime rappresentazioni che, se di successo, vengono salutate dal pubblico con sonetti composti in onore di cantanti e ballerini; il panorama musicale è cosmopolita, tanti gli artisti stranieri e, tra tutti, «Tommasino [Linley] e il piccolo Mozart sono considerati come i due ingegni più promettenti in tutta Italia!»; le compagnie di Laudisti, ancora attive, sono stabilite in Firenze da quasi cinquecento anni; la città è ricca di dilettanti di talento. Su alcuni dettagli toscani l'autore torna anche alla fine del viaggio ricordando che a Siena vi sono dei messali interessanti e che a Pisa la musica è in rifioritura.

Di musica a Pisa parla anche, venti anni dopo, Duclos (1766), che a teatro si annoiò parecchio ma che promuove l'opera buffa italiana a confronto con i grand-opéra francesi, proprio come Delpuech de Comeiras (1804) dato che il passo in questione è da lui copiato parola per parola (ecco un esempio eloquente di 'parentela' fra i testi di viaggio!). L'opera buffa è il genere senz'altro più recensito, e il giudizio di Duclos (1767) secondo cui la musica è piacevole ma i libretti «miserabili» è condiviso da molti. Il teatro italiano, infatti, è teatro musicale, grazie ad una vena melodica insuperabile che fa dimenticare le cattive messe in scena o i testi abborracciati dei libretti. E' teatro musicale e, principalmente, opera buffa. La commedia in prosa è considerata, come il grand-opéra, appannaggio dei francesi, non a caso Duclos segnala Goldoni come «il primo e il solo che abbia cominciato ad imitare il teatro francese nella commedia».

inizio

Sviluppato con Plone CMS, il sistema open source di gestione dei contenuti