I secoli della grande fortuna
Nuovi gusti artistici
Nel Settecento il gusto per il manufatto prezioso sembra in parte superato. Ora balza in primo piano l'interesse per la statuaria classica e i grandi maestri del Cinquecento, per Raffaello e i maestri veneziani, come dimostra il fatto che il quadro più copiato era la Venere di Urbino di Tiziano (Kanceff, 1993).
La colonia inglese
Il fenomeno che influenzò maggiormente sia la ricezione europea sia la vita della città, fenomeno duraturo che si protrae, si può dire, fino ai nostri giorni, è quello che vede l'insediamento di una vasta e molto influente colonia inglese, base di una società cosmopolita e colta ancor più numerosa che a Roma, la capitale del viaggio. L'importanza e insieme gli inconvenienti della presenza inglese diverranno un leitmotiv e un mito storiografico ancor oggi ben presente. Gli osservatori stranieri lo colsero acutamente e il francese Richard (1761) è additato da Kanceff (Kanceff, 1993) come il capostipite di una teoria di allusioni moralistiche: «[gli inglesi] sono molto numerosi, non pensano che a divertirsi e a spendere il loro denaro, contribuiscono non poco a cambiare i costumi».
«Nume tutelare» degli inglesi a Firenze fu, per oltre mezzo secolo, il console Horace Mann, ricco, amabile, di gusti raffinatissimi. La sua residenza ufficiale, Casa Manetti, divenne il centro della vita mondana della città (Brilli, 1993).
Le romantiche 'camere con vista'
Ma furono i romantici ad eleggere la città (e la regione) come luogo ideale. La miscela unica di arte e natura, l'amore per la cultura e la laicità del pensiero designarono la città come meta ideale per le fughe romantiche e postromantiche dalle civiltà industriali. La colonia fiorentina annoverava personalità di spicco che ampliarono la descrizione agli aspetti meno esteriori della città, come dimostrano le tante vedute, pittoriche e letterarie, dalle 'camere con vista'. La predominanza degli inglesi, ora dilagante, è ben resa da un aneddoto raccontato da Brilli (1993): «sono arrivati gli inglesi», grida il portiere dell'albergo, «ma non so se sono russi o tedeschi!».
La riscoperta dei primitivi e l'ardore del sentire
Nel capitolo arte, sempre predominante, si affaccia la 'scoperta' dei primitivi, i pittori del Tre e Quattrocento, prima tanto aborriti, che fungeranno da modello per i preraffaelliti. Ma più cospicuo ancora diventa il capitolo del pittoresco, frutto di una attenzione più avvertita per il particolare, il singolare e l'esotico tipica dell'atteggiamento romantico. Fa da complemento al bozzettismo pittoresco, di cui per esempio Charles Dickens fu un campione, l'ardore e l'eccesso del sentire. Così Samuel Roger (1821), al cospetto della statua di Lorenzo duca di Urbino di Michelangelo, sembra impietrito: «Non sono più padrone di me stesso. Sono diventato schiavo di un demone. Siedo giorni e giorni con gli occhi fissi su quel terribile fantasma, il Duca di Urbino... affascina come il basilisco...».
Voci di dissenso
Con l'avanzare del secolo affiorano anche le prime delusioni dell'innamoramento inglese nei confronti della città, considerata come il microcosmo ideale perché immersa nell'armonico e raro equilibrio di arte e natura. Delusione rancorosa e celebre quella di Ruskin (1840) che non tollera la negligenza e la sciatteria della città nei confronti dei suoi monumenti, una città che accetta di ingombrare la piazza del Duomo con una stazione di omnibus e di carrozze pubbliche. Ma del viaggiatore non resta impressa solo la pars destruens: notevoli infatti le sue 'riscoperte' o 'riletture' delle città, come Lucca e Siena.