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Ospitalità privata

L'indigenza e lo squallore delle locande di posta, che i viaggiatori cercavano di mitigare portandosi dietro di tutto, dalla biancheria agli oggetti di cucina, era il motivo delle tante querule lamentele: le camere gelide, i letti umidi, la scarsità di candele, i soffitti coperti di ragni, l'assalto delle cimici o pulci o pidocchi, il latte e il burro introvabili.

Un sistema per evitare tutto questo trambusto era procurarsi ospitalità presso qualche casa privata. Questo era il valore portentoso delle lettere di presentazione che, a seconda del mittente e del suo grado di importanza, potevano aprire al viaggiatore le porte di case per bene, comode e ben equipaggiate. La consuetudine è talmente diffusa che ancora nell'Ottocento le guide turistiche più comuni, come quelle dell'editore milanese Artaria, consigliano vivamente il turista di «munirsi di lettere commendatizie» per le famiglie più illustri della città, anche se con la 'borghesizzazione' del viaggio quegli accessi, che una casta aristocratica regolava e alimentava fra i suoi membri, cominciano a essere negati.

Un viaggio tra case private è sostanzialmente quello del poeta Thomas Gray che, accompagnando l'aristocratico e ben accolto Horace Walpole tra il 1739 e i 1741, riferisce di molti soggiorni in abitazioni private. Famoso quello di Firenze dove è ospite, col Walpole, del console inglese Horace Mann: «siamo qui sistemati con il signor Mann in un appartamento incantevole; sotto le finestre scorre l'Arno da cui possiamo pescare. Il cielo è così terso e l'aria così temperata che ci si può trattenere all'aperto con una vestaglia leggera per tutta la notte senza il minimo pericolo; corron tutti al ponte di marmo ad ascoltare la musica, a mangiare frutta gelata e a cenare al chiaro di luna...».

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