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Passaporti, bollettini di sanità, accrediti di denaro, lettere di raccomandazione

Passaporti

I preparativi di viaggio più sgraditi erano quelli burocratici. Occorrevano tanti documenti, in primo luogo il passaporto. Esso si rendeva necessario in caso di ispezioni della polizia o di contrasti con osti e vetturali che potevano rifiutarsi, in mancanza di un documento di riconoscimento, di affittare i loro servizi.

Dato il frazionamento dell'Italia, le operazioni di ingresso e uscita e quelle doganali erano molto complicate, soprattutto frequentissime. Per fare un esempio, per un viaggiatore inglese diretto in Italia la prima tappa era il British Secretary of State's Office dove, se ben forniti di denaro, si potevano ottenere le firme degli ambasciatori di Francia, Austria e degli Stati Sardi. Ma qualora il viaggiatore fosse diretto a Roma questo non bastava, perché doveva poi ottenere in Italia, a Torino, Milano o Firenze, la firma del nunzio apostolico. Se poi da Roma intendeva raggiungere Napoli era necessaria la controfirma del console inglese, dell'ambasciatore e della polizia. Per tornare in patria, infine, bisognava ripetere l'iter burocratico «che si ingarbugliava quando, raggiunta la prima stazione di posta francese, il passaporto originale veniva spedito a Parigi mentre al viaggiatore ne toccava uno provvisorio» (Astengo, 1992).

Bollettino di sanità

In arrivo dal mare era obbligatorio presentare al porto di attracco, oltre al passaporto, anche un bollettino di sanità che certificava l'assenza di epidemie nel luogo da cui si proveniva ed evitava al viaggiatore la quarantena. Il bollettino veniva talvolta richiesto anche a coloro che provenivano dai valichi, se vi era stata notizia di epidemie nei paesi transalpini. La regolarità del bollettino era argomento molto serio, su cui non si transigeva affatto.

Accrediti di denaro

Per ciò che riguarda il denaro, il cui ammontare complessivo consentito era specificato nei documenti di viaggio, i contanti autorizzati non erano certo sufficienti per fronteggiare le spese. Dato il frazionamento degli stati italiani non era semplice fra l'altro destreggiarsi tra le moltissime monete in uso: soldi, zecchini, ducati, paoli, testoni, scudi, grosse, pistole, lire di ogni tipo (milanese, austriaca, italiana). Per facilitare il riconoscimento le guide riportavano spesso delle tabelle pieghevoli con indicati i diversi cambi. Si presentava inoltre il problema della sicurezza, su cui i manuali mettevano in guardia consigliando di occultare il contante in un bastone concavo o nella suola delle scarpe o al posto dei bottoni (Vera guida per chi viaggia, 1771).

Per far fronte ai problemi di approvvigionamento, si utilizzò inizialmente il sistema di depositare somme di denaro in una banca italiana nella capitale di provenienza (Londra o Parigi, per esempio) facendosi rilasciare un avviso di pagamento per le banche corrispondenti nelle città italiane (l'avviso era redatto in triplice copia: una per il viaggiatore, due per le banche italiane cui si intendeva rivolgersi). Poi, con lo sviluppo del moderno sistema bancario, dalla fine del XVII secolo si passò al sistema delle lettere creditizie. Con questo metodo il viaggiatore si faceva rilasciare dalla sua banca, qualunque essa fosse, lettere di credito da esibire a banche continentali che avessero contratto specifici accordi con quell'istituto. Al viaggiatore poteva essere richiesta una lettera di accompagnamento con i dati anagrafici e fisionomici, come garanzia.

Lettere di raccomandazione

Altre carte molto preziose erano le lettere di raccomandazione che assicuravano al viaggiatore una buona accoglienza, degna del suo rango. Le lettere potevano essere indirizzate ai banchieri e alle maisons de commerce e svolgevano allora la funzione di garantire al viaggiatore il suo sostegno economico, oppure potevano essere dirette agli ambasciatori o a persone di rango della città, personaggi chiave nella buona riuscita di un soggiorno. La loro benevolenza poteva consentire al viaggiatore non solo di risparmiare spesso sui costi degli alberghi entrando nel circuito della ospitalità privata, ma soprattutto di avere accesso alla vita sociale della città, a quei salotti dove lo spirito del luogo gli si sarebbe manifestato meglio che su qualunque libro.

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