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Curiosità

Gli improvvisatori

Uno dei personaggi che non cessa di suscitare la curiosità dei viaggiatori di ogni epoca è l'improvvisatore. Smollett (1765) annota: «questo è il nome che si applica a certi individui dotati del talento sorprendente di recitar versi extempore, su qualunque soggetto si proponga». Ricorda di aver assistito all'esibizione del figlio del suo padrone di casa, il sig. Coversi, un frate francescano capace di recitare, senza preparazione alcuna due-tremila versi perfettamente adatti al soggetto fissato al momento, che di solito si chiudono con un elegante complimento alla compagnia. Smollett, piuttosto che attribuire il tutto ad una qualche prodigiosa inventiva, cita Tasso, Ariosto e Petrarca come le «grandi sorgenti» da cui gli improvvisatori traggono le loro rime, le cadenze e le espressioni.

Omaggio alla celebre Corilla da parte di Dupaty (1785), «la celebre improvvisatrice, che fa tanto rumore in Europa, che è stata incoronata alcuni anni fa in Campidoglio, dove era stato incoronato Petrarca...». Burney (1770), oltre al suo talento di parlare in versi improvvisando, sottolinea la sua espressività nel canto.

De Brosses (1740) si dedica alla descrizione della performance del cavalier Perfetti, cui venne proposto come soggetto «quodlibetico» l'aurora boreale, e che si produsse, dopo adeguata meditazione al suono del clavicembalo, in una declamazione sempre più incalzante di ottave che mano mano si alzava di tono. Il giudizio è positivo, tuttavia «è impossibile che la costruzione non sia spesso storpiata e i versi fatti di un pomposo guazzabuglio», perciò è opera più di parola che di concetto.

Delpuech de Comeiras (1804) che li definisce «specie di fabbriche di versi ambulanti», ritiene che proliferino specialmente a Siena. Valéry (1828), come suo costume, ne parla lungamente nei termini di una tradizione ormai in declino: gli improvvisatori sono «poveri diavoli, specie di saltimbanchi» che si esercitano su luoghi comuni o storie triviali.

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