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La relazione settecentesca

Una conoscenza enciclopedica

Il viaggio del grandtourist settecentesco ha in via generale le aspettative della conoscenza enciclopedica, esaustiva. Il viaggiatore è paragonabile in questo ad un filosofo sperimentale di «eccezionale voracità tesaurizzante» (Brilli, 1987), che ambisce alla sistematicità. Dotato, quando sia scrupoloso, di una preparazione teorica molto solida realizzata tramite la lettura di diversi manuali metodologici per apprendere come 'organizzare la visione', ha del tempo un'idea quantitativa e quanto più vede tanto più ritiene di avere svolto il suo compito. Le reazioni, i gusti, i pareri troppo personalistici sono banditi. Prevalgono le descrizioni di luoghi e cose in uno stile oggettivo e accurato che si propone come lo specchio fedele della realtà.

Una miscela di utilità e piacevolezza

Un'attendibile chiave di lettura del modo in cui il secolo dei lumi considera questo genere letterario, ci viene fornita dalla Critical Review: «un libro di viaggi [...] costituisce uno dei prodotti letterari più attraenti ed istruttivi. In esso si registra una felice commistione di utile e di dulce; esso diverte e cattura la fantasia senza ricorrere alla finzione romanzesca; ci fornisce un'ampia messe di informazioni pratiche e suggerimenti morali senza la noiosità della trattazione [...]» (Brilli, 1987).

Un profilo originale

Tale intento documentaristico si distingue perciò rispetto ad una pratica di scrittura che nel secolo precedente riteneva ammissibile riportare fatti di seconda mano e utilizzare un repertorio di aneddoti - relativi alle proprie 'incredibili' avventure, ai pericoli corsi, alle difficoltà incontrate - relegando in secondo piano l'osservazione diretta. Ma prende anche le distanze dallo sfogo memorialistico e dalla predominanza del narratore, atteggiamenti che saranno tipici dell'ultima parte del secolo e poi dell'Ottocento. Nei 'diari', 'cronache', 'relazioni', 'guide' ed 'epistolari' del Settecento, scarseggia il gusto dell'aneddoto salottiero, la notazione di sentimento o personale, mentre predomina il desiderio di oggettività del resoconto. Diari e lettere, soprattutto, consentono di simulare la piena autenticità (anche se quasi sempre subiscono rielaborazioni e affinamenti nella stasi del dopo viaggio) e di realizzare in modo spontaneo la funzione didattico-informativa ritenuta essenziale. La lettera in particolare costituisce una scelta tra le preferite (Bacchereti, 1981). Essa consente uno stile discorsivo, piano e alieno da ricercatezze; autorizza a saltare da un argomento ad un altro grazie alla presenza di un interlocutore (spesso fittizio); comporta l'idea di una scrittura immediata, contemporanea alla stesura, che era assicurazione di veridicità.

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