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Alberghi e camere locande, affitti

Alberghi

Amati e attesi, gli alberghi cittadini erano intitolati spesso - in omaggio ai viaggiatori stranieri più numerosi - alla loro nazione di provenienza: Gran Bretagna, Regina di Inghilterra, Villa o Pensione, o Torre o Albergo di Londra. Le grandi città (Roma, Napoli, Firenze, Venezia) erano provviste di strutture decisamente ben equipaggiate e relativamente a buon mercato, certamente per le tasche degli inglesi. Ducos (1819) resta affascinato dallo Schneiderff di Firenze, dove ai viaggiatori venivano assegnati inservienti che parlassero la loro lingua, dove, immersi in un silenzio ovattato, si poteva riposare su letti candidi e mangiare ad una tavola raffinata.

Nella media anche le città di modesta dimensione non sfiguravano certo: Duclos (1766), arrivato a Pisa con una sedia a due, dà un buon giudizio sull'albergo dove alloggia, situato vicino al ponte di marmo; Ducos (1819) apprezza i Tre Re di Siena.

Rari invece i buoni alberghi nei piccoli centri, con qualche eccezione, come quella segnalata da Duclos (1766), che in visita a Viareggio vi trovò una buona cena e letti puliti: «è il solo luogo d'Italia, eccettuate le città, e non tutte, del quale si possa parlare così bene».

Nell'Ottocento la diffusione della moda e l'ampliamento della linea ferroviaria dà alla situazione alberghiera italiana una nuova dignità, ma nelle plaghe meno battute, dove ancora sono pesanti i problemi di infrastrutture, cominciano a diventare un'alternativa di ospitalità i conventi.

Camere locande

Le camere locande, «meno costose degli alberghi e più decorose delle scalcinate osterie postali» (Brilli, 2004), vantano un dossier di testimonianze di segno quasi sempre positivo, che lodano la pulizia, il silenzio, la fornitura di biancheria da letto e da tavola sempre fresca e pulita, un vitto abbondante cucinato a prezzi accettabili. Notevole per esempio l'entusiasmo di Ducos (1819) per l'ospitalità in una casa di Torrenieri, lodata per l'aspetto lindo, la calda accoglienza, il buon cibo, la condotta degli ospiti, niente affatto «mercenaria».

Famose divennero, soprattutto nell'Ottocento, le pensioni romane per gli artisti.

Affitti

Gli affitti, infine, avevano fama di avere dei prezzi ben abbordabili. Leigh Hunt, per esempio, nel 1822, pagò neppure trenta sterline annue a Genova per un palazzo di quaranta stanze, scale e terrazza di marmo. Anche se bisogna fare la tara a questo entusiasmo, che era giustificato soprattutto dal cambio favorevole della sterlina, non si trattava di una sistemazione sconveniente. Così anche Firenze, che pure era più cara, consentiva agli inglesi una vita lussuosa. Stessa cosa a Roma che offriva un'ampia scelta di appartamenti, i preferiti a Trinità dei Monti dove si trovava il celebre Caffè degli Inglesi che, come molti altri sparsi in diverse città d'Italia, era un punto di riferimento della vita culturale del luogo. Da lì, una delle migliori posizioni di Roma, si vedeva quasi tutta la città e gran parte della campagna: un osservatorio ideale per i pittori.

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